Attività di
ricerca dell'Accademia della
Renna (AdR)
Matina
de Eugenio Mutuntuttu
Me rallùmeno d’immenso,
e ‘po’ ‘ngi penzo.
Critica esplicativa AdR
Eugenio Mutuntuttu, rivale per antonomasia del Quascimutu, faceva
parte anch’egli, come quest’ultimo, della corrente ermetica. Come
tutti sanno l’ermetismo è un tipo di scrittura epigrammatica,
aforistica, costituita da un esiguo numero di frasi, brevi e
sentenziose, ascrivibili quasi al linguaggio degli oracoli.
“Se issu ha scrittu quattro righe, ji ne scrio dù’! E ‘icio tuttu
lo stesso!”, questa frase del Mutuntuttu ci consente di
comprendere i rapporti tra il poeta e il Quascimutu. La frase è
estrapolata dal diario personale del Mutuntutto (intitolato dallo
stesso “Penzieri stupendi... ji me”), dal quale si è potuto risalire
anche al più attendibile significato del componimento Matina.
Circa quest’ultimo il Mutuntuttu scrive: “Se casca ju munnu, jì me
scanzo”.
Questa sembra essere infatti la sua unica e praticata filosofia di
vita.
Matina è un componimento di risposta a tutti quei poeti di second’ordine
che si affrettavano a trascrivere le proprie intuizioni, per
cristallizzarle nell’Arte, è una protesta pacata e sommessa contro la
fretta, la frenesia, l’agitazione.
Mutuntuttu era un uomo tranquillo e un poeta ancora più tranquillo. I
suoi componimenti logaèdici racchiudono tutta la sua calma.
“E ‘po’ ‘ngi penzo”.
La forza della sentenza è tutta in quel ‘po’ (a questo proposito il
poeta critica la scelta dell’avverbio “già” da parte del Quascimutu,
nel componimento “Già s’è refattu notte”. Nel suo diario scrive: “Jì
‘ngi sarria missu nu “’po’”) .
Ma la tranquillità (e forse il lassismo) che lo dominò in vita, si
dice che gli costò un piatto di fettuccine ammassate, che il suo
spirito ogni anno, alla stessa ora viene a reclamare alle tredici e
ventuno minuti del 12 marzo, l’ora esatta della sua morte. Se avesse
avuto fretta di mangiare, probabilmente ora riposerebbe in pace.
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