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TRADIZIONI

     

 
 Tradizioni Religiose

Culti e tradizioni religiose di Lucoli
di Giovanna Gianfelice Quartaroli

Lucoli è una valle che si estende ai piedi della rinomata stazione sciistica di Campo Felice.
Questo paese si compone di un agglomerato di diciassette piccole frazioni e ognuna di esse vanta la presenza di una chiesa gioiello. Tutte sono antiche, in ottime condizioni, in quanto recentemente restaurate, ed ognuna meriterebbe di essere visitata per ammirarne la bellezza e il pregio.
In ogni frazione viene festeggiato il Santo protettore ed i riti si svolgono con funzioni religiose, processioni, l’immancabile banda musicale ed infine feste popolari più o meno sfarzose, tutto dipende dalle disponibilità economiche che i comitati dei festeggiamenti riescono a mettere insieme.

In passato il giorno della festa del Santo protettore era di sicuro più sentito ed era atteso come un evento speciale, questo si deduce dai racconti che le persone anziane ne fanno con nostalgia quando osservano ciò che oggi si fa con fretta e scarsa partecipazione. Loro erano soliti addobbare il paese per onorare il passaggio del Santo in processione, le donne appendevano alla finestre le coperte più belle e più preziose, nelle piazzette venivano allestiti dei tavolinetti con tovaglie ricamate a mano spesso con immagini del Santo protettore, fiori e candele, durante il tragitto attraverso le vie del paese le spose novelle appendevano dei capi di corredo preziosi che in seguito finivano all’asta e i soldi che se ne ricavavano si usavano per le necessità della chiesa. Una volta rientrati in chiesa con la statua, gli uomini che si erano adoperati per il trasporto del Santo, trovavano un rinfresco organizzato dal Parroco e allestito con cura dalle donne. Terminati i riti religiosi, ci si dedicava alla parte della festa popolare con giochi e soprattutto balli al suono della fisarmonica, meravigliosa occasione per giovanetti e giovanette per incontrarsi cosa che non era di tutti i giorni per una questione di “buon costume”.

Il Santo patrono dell’intero comune di Lucoli è San Giovanni Battista, al quale è dedicato uno splendido monastero benedettino posto in un punto della zona che domina la valle. I primi documenti che attestano l’esistenza di questo monastero risalgono al 1077 ed è davvero il fiore all’occhiello del nostro comune sia per la valenza artistica, sia per la posizione geografica in cui è situato.
Ad esso, è stato dedicato un intero libro, edito L. U. Japadre, dal dott. arch. Renzo Mancini, sovrintendente ai beni culturali, che ne ha curato il restauro.
La festa del Santo patrono viene celebrata il 24 giugno e si compone anch’essa di una parte religiosa ed una popolare.
Ogni anno il comitato di turno, si adopera per dare un tocco di originalità all’evento, ma la tradizione più antica è l’immancabile fuoco di San Giovanni che si accende in questa magica notte per rinvigorire il sole e scacciare le streghe che in questo caso sono rappresentate da Erodiade e Salomè, le due donne che hanno voluto e ottenuto la decollazzione del santo e, non appena le fiamme si abbassano le braci ardenti vengono saltate da baldi giovani da cui secondo la leggenda se ne trae forza e auspicio di salute.
Inoltre la sera prima della festa di San Giovanni, era in uso da parte delle donne mettere a bagno nell’acqua fresca petali di rose per poi usarla al mattino, prima che fosse raggiunta dai raggi del sole, per lavare la pelle perché si riteneva che preservasse dalle malattie.

Nella valle di Lucoli, il culto per i Santi è profondamente radicato, ne sono testimoni, anche le numerose chiesette edificate lungo stradine impervie, in mezzo a boschetti ed una persino sotto una roccia dedicata alla Madonna di Peschio Cancello che ancora oggi si festeggia nella 1° domenica di Settembre con una messa ed una processione, ma fino a qualche anno fa era molto sentita e tutte le famiglie che vi partecipavano si recavano in quel luogo per l’intera giornata portando con se il pranzo nel canestro di vimini, che veniva consumato in comunità nei prati circostanti.

La festa religiosa più particolare e sentita fino a pochi anni or sono, e che si sta perdendo forse anche per colpa della vita frenetica dei tempi moderni, è quella dell’Ascensione di N.S.G.C. In questo giorno, ogni frazione, porta in processione il proprio Santo protettore, caricato a spalla e seguito dagli abitanti delle diverse frazioni, nel monastero di San Giovanni Battista, dove si svolge una toccante funzione religiosa. Tutti i Santi vengono disposti ai piedi dell’altare per rendere omaggio al Santo patrono, e alla fine della messa si svolge una grande processione con in testa San Giovanni. Alla fine della festa, ogni Santo riparte in processione con i parrocchiani al seguito per essere riportato nelle propria chiesa.
Inoltre il giorno dell’Ascensione, vi è l’uso di mangiare la tradizionale “cagliata”, cioè, latte fresco appena cagliato, usato come simbolo di purezza in quanto fatta con la parte più nobile del latte.
Un tempo veniva prodotta e regalata da famiglie che possedevano greggi, a tutti gli abitanti del paese, oggi, la produce il caseificio locale (caseificio “Campo Felice” dei Fratelli Di Carlo) e viene sempre data in dono.

La terra di Lucoli ha dato natali a tanti personaggi che hanno dedicato la loro vita interamente a Dio, tanto da essere definita “la valle santa”. Tra tutti, da ricordare è la Beata Cristina da Lucoli (1480 – 1542), nata nella frazione del Colle e alla quale è dedicata una bella chiesa, edificata sui resti di una piccola edicola con l’effige di una Madonna in cui ella si recava a pregare. Il giorno in cui si ricorda la Beata è il 18 Gennaio, giorno della sua morte, ma si festeggia il 16 Agosto, giorno in cui per la prima volta dopo quattrocento anni venne riportato il suo corpo a Lucoli, che abitualmente è custodito nel monastero di Sant’Amico a L’Aquila, dove fu suora e badessa.
Da sempre la Beata ha rappresentato per gli abitanti di Lucoli un simbolo sacro e di protezione, tanto che in passato, nessun pastore partiva per la transumanza invernale senza l’immagine della Beata Cristina nel sacco da viaggio, che vi veniva posta prima di ogni altro bene.

Tante sono anche le piccole tradizioni, tramandate da padre in figlio per secoli che magari si sono anche perse nella pratica odierna, ma sono sempre vive nei racconti degli anziani che vorrebbero vederle ancora rivivere anche oggi nella frenesia dei giorni nostri.
Ne sono esempio, il ricordo che ci fanno del giorno della festa di Sant’Antonio Abate,(17 gennaio) con la tradizionale benedizione degli animali, o del dono di un pane che la famiglia più facoltosa o devota a questo Santo faceva a tutti gli abitanti del paese; ma anche la benedizione delle rose il giorno dedicato a Santa Rita,(22 maggio), da donare alle persone care, in segno di protezione, che le conservavano gelosamente fino all’anno successivo per poi scambiarli con nuovi petali benedetti.

Altra tradizione che si è persa nel tempo è quella del mese di maggio, dedicato alla Madonna, quando, in ogni frazione venivano allestiti degli altarini dalle ragazzine, ornati di fiori di campo, vasetti con germogli di grano, simbolo di prosperità e di buon auspicio per i futuri raccolti, e dalle più belle carte colorate, ricavate dalle uova di cioccolato di Pasqua e appositamente messe da parte per questo motivo e dove la sera ci si riuniva per recitare il rosario.

Invece, è ancora in uso la benedizione delle uova a Pasqua, simbolo di rinascita, quindi di resurrezione, che vengono mangiate durante la colazione pasquale. Un tempo, sicuramente più divertente per i ragazzi che dipingevano le uova per poi utilizzarle anche come premio di un gioco che praticavano tra loro, il vincitore portava orgogliosamente un gran mucchio di uova dal parroco per la benedizione. Oggi, sono sempre i giovani a portare le uova in chiesa durante la funzione del sabato santo, ma sistemate in cestini adornati con pizzi e centrini dalle loro mamme.

Molto antica, e ancora oggi praticata, la tradizionale visita al Santuario della Madonna della Croce, situato a Roio (L’Aquila), territorio confinante con Lucoli.
Ebbe inizio nel lontano 1625 quando un pastore di Lucoli portò con se in Abruzzo, dalla terra di Puglia dove si trovava per la transumanza invernale, una statua lignea di una Madonna con Bambino da cui ricevette una grazia.
La storia che ci è pervenuta narra che fu la stessa Madonna a chiedere di essere trasportata, e arrivata nel luogo dove sorge il santuario la giovenca su cui era caricata si inginocchiò e non volle ripartire.
I pastori allora la presero sulle spalle e la portarono a Lucoli nel monastero si San Giovanni Battista, ma, il mattino dopo la statua non c’era più, la ritrovarono nello stesso luogo dove la giovenca si era inginocchiata, luogo dove ancora oggi vi è una pietra con delle impronte attribuite alle ginocchia della stessa giovenca.
Dopo vari e vani tentativi di collocare la statua a Lucoli, i pastori lucolani decisero di lasciare la Madonna a Roio, dove tra l’altro si era miracolosamente formata una croce sul terreno e lì fu edificato il santuario.
Da allora, ogni anno nel giorno dedicato alla Madonna della Croce, i lucolani fanno visita al santuario, ripercorrendo a piedi le stesse strade tra i monti che solcavano le greggi e i pastori quando si spostavano per la transumanza.
Per l’occasione, gli abitanti di Roio attendono i lucolani, nei pressi del paese con l’immagine della Madonna ed insieme si recano in processione al santuario per assistere alla SS messa.

Le tradizioni popolari, sia legate a culti religiosi o ad altre ricorrenze, hanno contribuito a formare la cultura dei luoghi dove si svolgono e credo sia buon uso mantenerle per quanto è possibile perché è anche un modo per tenere vivo il rapporto e la collaborazione tra le persone e servono anche a non isolarsi nelle proprie case come sta purtroppo diventando consuetudine negli ultimi anni.
 

 

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