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Commemorazione di Padre Gabriele Giamberardini

     

 


Conosciamo Padre Gabriele
di Fr. Raimondo Corona O.F.M.


Ringrazio:
- per aver voluto ricordare P. Gabriele nel suo paese nativo, a venticinque anni dalla morte: ricordare, però, significa scoprire le orme caratteristiche lasciate dalla sua persona e cercare di seguirle alla nostra maniera. Significativo, perciò, mi pare il tema del Convegno: «Conosciamo P. Gabriele». S. Francesco morente disse ai frati come suo testamento: «lo ho fatto la mia parte, quanto spetta a voi ve lo insegni Cristo» (2 Cel 214; FF 804). Questo credo dica a noi P. Gabriele.
- Ringrazio per aver invitato me a rievocare una persona a me cara e far emergere la luce che da essa promana. E per me un onore e un dovere parlare di P. Gabriele: con affetto riconoscente, con ammirazione sempre nuova, con impegno di tenerne viva la memoria per proporne l’esempio.

Padre Gabriele, infatti, nei rapporti che ebbi con lui da ottobre 1946 a marzo 1978, lo scoprii sempre di più come religioso coerente, che soffrì l’impegno della sua fedeltà; studioso acuto e diligente, che illustrò la teologia della chiesa copta, la realtà del monachesimo egiziano, la storia dei francescani in Egitto nelle numerose pubblicazioni alle quali consegnò i frutti delle pazienti ricerche condotte personalmente; maestro esperto, che seppe comunicare l’entusiasmo per la scienza e guidare gli alunni nella scuola e quanti l’avvicinarono nel ministero alla scoperta di un più profondo senso di Dio (cfr. “In Memoriam”, p.7).
Ma ciò fece con molta umiltà: non dà come definitivo quanto è ancora da provare, non teme di affermare la possibilità che «nuove scoperte possano imprimere una nuova fisionomia alla presente esposizione»: così scrive nella prefazione al primo volume della sua opera principale, «Il culto Mariano in Egitto», p. 5-6 (Cardaropoli, “In Memoriam” p.36)
Ciò apparirà meglio considerando alcuni aspetti della persona di P. Gabriele che cercherò di delineare e che mi sembrano in consonanza col tema del Convegno.

1. Anelito verso la vita.
4.1. Si legge nel libro del Siracide (11,29): «Alla morte dell’uomo sono svelate tutte le sue opere ». Queste parole, che Tommaso da Celano (2 Ccl 214; FF 804) applica a S. Francesco, credo di poterle dire di P. Gabriele.
4.2. Sia nel “depliant” col programma, sia nell’invito sono state riprodotte le ultime righe da lui scritte. In esse si vede il venir meno delle forze: due cose mi pare da notare. Nell’ultimo rigo c’è un riferimento all’Abruzzo da dove gli sarebbe arrivata una «bella esecuzione dello “Sposalizio di S. Caterina” nella chiesa di Colleromano a Penne » (foto pubblicata nel volume postumo S. Caterina d’Alessandria, Jerusalem 1978, f.t. dopo p. 40). L’ultima parola scritta è:
wnb=v nel momento della morte egli scrive un segno e una parola di vita.
Il segno è la croce ansata, o egizia; proviene da un segno geroglifico wnb che significa “vita”. P. Gabriele scrive il segno e la parola; riscrive la parola una seconda volta sottolineandola. Aggiungendo il segno “uguale” = e scrive una “v” -““ - ( per scrivere “vita”).

Ma deve essere stato in quel momento che si è verificato il trapasso. Egli aveva scritto, a proposito della croce che «per i cristiani è nel contempo segno di morte e di vita, ma con il senso nuovo ed unico: morte di redenzione e vita di elevazione alla grazia e di risurrezione alla gloria (In Memoriam, p. 10-11).
4.3.Ho pensato a S. Francesco morente che dice al medico: «Coraggio... dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita » (2 Ccl 217; FF 810). Non ci dice P. Gabriele con quell’ultima parola che «la croce è vivificatrice» e non ci saluta con le parole della liturgia cotpa: «Vi dico addio... Che la pace del Signore sia con voi, che vi custodisca e vi preservi. Che la pace del Signore sia con voi, per perfezionare il vostro cristianesimo»? (In Memoriam, p. 63).
4.4. Ho letto con commozione ciò che scriveva alla mamma, il 17 aprile 1930, in occasione della Pasqua: « ...vorrei che Gesù mormorasse all’anima tua una parola di resurrezione (sic) di vita. Gesù benedetto ti ricolmi delle sue celesti benedizioni e ti faccia sopportare in pace i dolori dell’esilio terreno ». E quello che le scriveva due anni dopo (22 marzo 1932), sempre in occasione della Pasqua: « sento il bisogno per me «tanto dolce del resto», di indirizzarvi poche parole di augurio che siano come la rivelazione degli affetti del mio cuore al vostro riguardo.., vorrei esservi vicino per manifestarvi la mia tenerezza e provare con i fatti quanto vi amo.» .

5. Dignità signorile e severa.
Le parole scritte alla mamma mi invitano a passare ad un altro aspetto della figura di Padre Gabriele.
5.1. Con lettera del giorno 8 luglio 1950 esprimeva a me e ad altri due confratelli, Beniamino e Guido, i suoi sentimenti di gioia e di augurio per la nostra ordinazione sacerdotale (29/06/1950).
Volendo “conoscere” P. Gabriele credo opportuno e utile leggervi la lettera.
“Carissimi, di ritorno dalla città delle memorie eterne, dalla grande Alessandria, trovo la lettera di P. Giuseppe, che è lettera di annunzio. Felicissimo annunzio! Caro al mio cuore, caro al vostro, perché caro al Cuore di Gesù: Raimondo - Guido - Beniamino Sacerdoti! È così che la terra si eleva al cielo e dona il respiro dell’anima pura.
Ormai la vostra dignità sacerdotale s’impone, ed io appena oso manifestare una mia parola reverenziale. Se sacro è il dono di Dio, se sacra è la vostra persona, sacro pure dovrà essere l’oggetto delle vostre cure, perché Dio ha donato a voi non solamente per voi, ma anche per gli altri, figli suoi, fratelli vostri. Non occorre dirlo: a questa sola condizione potrete essere uomini consequenziali, poiché se l’azione è dall’essere, dall’essere sacro dovrà derivare l’azione sacra. A questa condizione sarete tutti di tutto il Cristo: capo e membra, mentre siete capo col Capo, membra colle membra, per comunicare alle membra la vita del Capo, per elevare al Capo il gemito delle membra. Un pochino come la Vergine Santissima ».
In queste parole io vidi e vedo sempre più le linee della vita coerente di P. Gabriele e ripenso ancora a S. Francesco del quale fu scritto: « quello che proponeva agli altri nelle sue esortazioni era innanzitutto sua vissuta convinzione personale » (Tre Compagni 54; FF 1463) e «quello che esigeva dagli altri con le parole, lo aveva preteso da sé con le opere, perciò non temeva censori e predicava la verità con estremo coraggio » (LM XII, 8; FF 1212).
5.2. La conclusione della lettera apre un nuovo orizzonte. «O carissimi del mio ricordo! Un pensiero anche per me uomo del deserto, uomo dell’esilio, perché anch’io aspiro alla patria. Così, mentre esprimo al vostro presente il compiacimento del passato e l’augurio del futuro, prego ossequiare i vostri familiari, i più intimi del vostro mistero ».
Nel necrologio, scritto da P. J. Vasquez in «Antonianum» (53[1978j, 347-354), si legge:
«P. Gabriele col suo talento, con la sua laboriosità, col suo spirito profondamente religioso onorò il suo sacerdozio e il suo abito francescano; e onorò pure la sua terra. Sulla facciata dell’edificio ove ha sede l’Associazione «Figli d’Abruzzo» a Roma figura questo significativo motto : «Coelum non animum mutant, qui trans mare currunt; l’abruzzese Giamberardini sotto tutti i cieli e lungo tutti i mari della vita si mantenne fedele alle nobili virtù native; fu uomo educato, affabile, anche se riservato, servizievole ma soprattutto inflessibile nell’adempimento del dovere... ».
Il 23 gennaio 1951, per il mio onomastico (allora S. Raimondo di Pefiafort si celebrava in tale giorno) mi scrisse: «Dalla terra anatolia alla terra esperia! Oh! La terra del tramonto che isolò il mio cuore e lo espose in balia dei venti, e lo volse all’occaso! Credevo che voi pure vi foste dimenticato di chi, forse, merita ogni dimenticanza umana, ma che non dimentica e tanto ama! Mi fa ricredere la vostra affettuosa letterina che da poco è giunta alla terra di Oriente, dove nasce i] sole, col nobile messaggio di sollevare l’anima solitaria, che vive nel deserto e geme, che guarda il sole e spera. Il cielo è buono più della terra e prodiga il sereno anche ai cattivi. Io ringrazio il Signore per tutte le pene e per tutte le consolazioni: quanto più dure quelle tanto più abbondanti.
Poi enumera le gioie: dalla definizione della Madonna Assunta in cielo (1 novembre 1950), alla quale ci aveva preparati e per la quale aveva svolto un lavoro sul «Valore dommatico della liturgia assunzionista», del quale benevolmente mi aveva fatto rileggere il testo e correggere le bozze; alla pubblicazione di un nuovo lavoro su «La teologia assunzionistica nella Chiesa egiziana». Dalla celebrazione dell’evento al Cairo a quella in Gerusalemme (8/12/1950) e alle tante consolazioni in Palestina. E rileggo con commozione che in Gerusalemme si era interessato anche ai miei studi futuri! E mi informa ancora delle sue pubblicazioni su S. Ilario di Poitiers. Tutto ciò mi è parso significativo per delineare la figura di P. Gabriele.
Aggiungo che P. Gabriele amava la sua terra d’Abruzzo; la finissima sensibilità del suo animo lo portava ad abbandonarsi, a volte, al ricordo nostalgico dei nostri monti. Dopo il ritiro pasquale alle giovani del liceo - ginnasio italiano del Cairo, il viaggio di ritorno lungo la riva del Nilo suscita l’emozione ...: «... intonato il “Va’ pensiero” sulle rive del Nilo dalle onde sempre placide, una volta adorate, ora benefiche. Fu scritto: “Super flumina Babylonis... in salicibus suspendirnus carmina nostra”. Ma fu anche scritto che “il Nilo assorbe le lacrime di ogni anima dolente ed espande tutti i doni delle sue ricchezze” Sicché nello stesso pianto sospira l’anima a una nota di canto » (Diario, 30-31 marzo 1950).
Raccontando di un incontro con famiglie siriane, greche e alessandrine in un’oasi del deserto, scrive: « ... con mia meraviglia, uscì fuori una scatola di liquirizia abruzzese, di Silvi Marina! Da famiglie orientali in mezzo al deserto! Così da me e dalla requilizia fu rappresentato l’Abruzzo (Diario, 25 giugno 1950).

3. Studioso: il metodo di ricerca.
Tutta la vita di P. Gabriele fu impegnata nell’insegnamento, nello studio, nella ricerca, nell’organizzazione di istituzioni culturali.
Non è possibile dire tutto su questo argomento; mi limiterò, perciò, ad alcuni aspetti.
5.3. Una grande fede. In due occhielli inseriti in un articolo su « La Chiesa Copta» (Almanacco di terra santa 1978, Supplemento a «Eco di Terra santa» n. 6, Milano 1977, p. 9 e 11), si legge: «Sono un camminatore. Un mattino sono uscito, ancor prima del canto degli uccelli; sopra l’oscurità, immobile vegliava una Pupilla » (p. 9). «Sono un carnrninatore. Una sera arriverò dove brillano nuove stelle dove olezza un nuovo profumo; dove due Occhi sempre mi guardano dolcemente» (p. 11).
Che abbia voluto darci un profilo di sé alcuni mesi prima della morte?
5.4. Un grande impegno di inculturazione. P. Gabriele, in Egitto, prende subito coscienza dell’impatto con una cultura diversa dalla sua e, anche se lentamente e con fatica, cerca di immedesimarsi con essa. Egli ricorda ciò che il Concilio Vaticano I aveva detto riguardo alla formazione dei sacerdoti latini destinati all’Oriente cristiano. «Il missionario ha da nazionalizzarsi per quanto può colle popolazioni, in mezzo alle quali lavora. E in Oriente, lungi dal latinizzare gli Orientali, gli è giocoforza orientalizzare entro certo limiti se stesso »; egli, infatti, deve fonTiare dei cattolici e non dei latini. / Impegni del Concilio Vat. I per l’Oriente cristiano..., «Antonianum» 45 (1970) p. 303-473; per il concetto espresso vedi p. 381-382).
5.5. Una ricerca fatta “con investigazioni dirette ‘
Una caratteristica interessante è che P. Gabriele, nelle sue pubblicazioni «documenta ogni sua affermazione con prove convincenti con serietà fino allo scrupolo e si guarda bene dal dare come definitivo quanto è ancora da provare; non teme di affermare la possibilità che “nuove scoperte potranno imprimere una nuova fisionomia alla presente esposizione” (Teologia Copta e tesi scotiste, p. 8). Perciò non si ferma mai dal fare interviste e gite esplorative nelle quali « valorizzò e salvò dalla perdita o distruzione molte cose preziose» (B. Bagatti).
Nel 2001 ebbi la possibilità di pubblicare un suo manoscritto datato: Roma 6 febbraio 1970, dal titolo «Stato attuale e prospettive per il futuro del Monachesimo egiziano ». Di questo manoscritto erano rimaste inedite la prima e la seconda parte. Ma è proprio nella prima parte che sorprende la fatica del ricercatore che vuoi fare investigazioni dirette. Descrive tredici monasteri maschili e sei femminili e descrive anche la via da lui percorsa per arrivarci. Si può notare una piccola predilezione per il monastero di S. Menna: forse il Santo gli richiamava la terra natia?
5.6. Sguardo fisso sull’Egitto con uno sguardo furtivo all’Abruzzo. Gerardo Cardaropoli parlando del metodo della ricerca di P. Gabriele scrive: «Egli possiede “la creatività della ricerca “. Egli cioè è riuscito a individuare ciò che agli altri studiosi sfuggiva».
Non è possibile in questa sede dimostrare ciò nelle sue opere maggiori. Mi limiterò perciò ad alcune pubblicazioni “minori” che spesso vengono inserite e ampliate nelle opere maggiori e sono rivelatrici di quegli “sguardi furtivi” all’Abruzzo che lo portano a collegare ciò che osserva con quello che sta studiando in Egitto.
a) Visitando il museo della cattedrale di Atri vede il frammento di un bassorilievo raffigurante l’Annunciazione della Madonna. Nota, però, che la colomba (= lo Spirito Santo) ha il becco nell’orecchio della vergine. Il bassorilievo è probabilmente databile al secolo XII. P. Gabriele va con la mente ad un affresco del V - VI secolo nella remota oasi di Kàrgiah in Egitto dove la colomba va all’orecchio della Vergine e sottolinea un possibile rapporto. Prima scrive un articolo su «La voce del Nilo» (25 [1966], 98-101), poi integra il terna, che evidenzia la verginità di Maria, nel primo e nel secondo volume dell’opera «Il culto Mariano in Egitto » (1, p. 158; 11, p. 246-248). Stimolato da ciò ho trovato il terna molto presente nell’arte abruzzese e nell’arte occidentale.
b) Nella Basilica di Collemaggio all‘Aquila viene scoperto un affresco raffigurante la Morte e l’incoronazione della Madonna e l’apostolo Tommaso. Il pensiero di P. Gabriele va ad un manoscritto arabo n. 105 conservato al Cairo e al Vangelo apocrifo di Tommaso, scoperto a Nag Ammadi, in Egitto, nel 1945 e scrive un lungo articolo per l’Osservatore Romano» (25 giugno 1976, p. 5), ripreso anche nel giornale locale «Abruzzo sette» (2 dicembre 1976, p. 4).
c) Nel Museo Nazionale del Castello dell‘Aquila vi è una sezione numismatica dove sono esposte le monete coniate dalle zecche dell’Aquila, di Chieti, di Ortona e di Sulmona. Di fronte alle tipologie multiple delle monete la sua maggiore attenzione si fermò sulle monete pentacrociate (cioè con cinque croci) che gli richiamano la “Croce di Gerusalemme”. Mi pregò di far fotografare le monete e di inviargli le foto: cosa che feci con piacere. Nell’articolo che pubblicò su «Abruzzo sette» del 5 maggio 1977, p. 3, non solo illustrò la storia delle monete, ma al riguardo del simbolismo annesso alla “croce di Terra santa”, volle “rettificare” un’interpretazione assai diffusa. Non si tratta di un’invenzione dei Crociati, ma di un simbolo che si trova inciso in pavimenti musivi in Palestina e in altri oggetti sin dal secolo IV. Egli aveva illustrato un tessuto copto inedito, da lui acquistato da un antiquario al Cairo nel 1965, sul quale è riprodotta la “Croce di Terra Santa”. Risalirebbe al secolo VI-VII (Liber Annuus Studii Biblici Francescani, Jerusalem, XXI (1971), p. 194-204). Il tessuto si trova nel Museo Francescano Orientale di Tagliacozzo. Il significato del simbolo sarebbe l’affermazione del Cristo come Re Crocifisso al quale sono sottomesse le quattro parti del mondo. «Nucleo dottrinale dell’emblema pentacrociato è l’universalismo cristocentrico».
d) Non solo sulle cose ma il suo occhio si posa anche sulle persone. Su «Abruzzo sette» del 28 luglio 1977 pubblica un articolo: «Il francescano P, Antonio dell’Aquila celebre arabista del seicento». Fa risaltare l’operosità e la competenza del confratello che ebbe molteplici incarichi e pubblicò una Grammatica della lingua araba, non solo di quella corrente ma anche di quella letteraria. Tale grammatica per circa due secoli s’impose nelle scuole. Concludendo l’articolo P. Gabriele ricorda che verso il termine della vita fu conferito al P. Antonio un titolo onorifico come «degno e doveroso riconoscimento al grande orientalista abruzzese che, ovunque e sempre, onorò se stesso e L’Aquila ».
P. Gabriele è ancora maestro: ricordare chi ci ha preceduto per trarne esempi di vita. Rileggendo l’articolo, però, manifesta la sua esigenza di precisione. Annota, infatti, ai piedi dell’articolo, con penna rossa: «Redazione incosciente! Piena di sé, ha rifiutato di sottomettere le bozze alla revisione dell’autore

4. Un luogo privilegiato e significativo.
Il Santuario della Madonna dell’Oriente in Tagliacozzo è un luogo privilegiato e significativo nell’esperienza di P. Gabriele.
E come la culla del suo amore per la Madonna qui lavorerà con una intensità che lo coinvolgeva nel più profondo dell’anima; qui il 5 settembre 1943 iniziava la stesura della sua tesi per il dottorato; qui il 6 dicembre 1949 prendeva « licenziamento » dalla Vergine santissima dell’Oriente prima di partire per l’Egitto. e qui sostava, quando tornava in Italia, e soprattutto quando dal 1969 dimorava e insegnava a Roma.
Qui completò il testo della prolusione per l’anno accademico 1977-1978, letta il giorno 8 novembre 1977 nel Pontificio Ateneo Antoniano. Porta la data del 25 luglio 1977. Fu l’ultimo suo lavoro pubblicato postumo nella rivista «Antonianum» (54[1979], p. 559-62 1).
Di questo santuario scrive una storia breve e una illustrazione simbolica (Roma 1970, p.58).
Nel santuario organizza una Biblioteca con molti volumi di Mariologia e di orientalismo.

Per garantire l’appartenenza dei volumi elabora un appropriato tipo di timbro che così descrive («Orientis Stella », N. 5. 1 - 1974 - n. 4, p. 2). «Nell’esergo della semisfera superiore scorre la iscrizione: Biblioteca "S. Maria Orientale". Nel quadrante sinistro della semisfera inferiore si aggiunge: Convento Prati Minori; e in quello destro, ripartito da lineette orizzontali: Tagliacozzo - L ‘Aquila. Al centro del disegno, entro riquadro, s’impone l’immagine di S. Maria Orientale.

Le tre stelle all’altezza del capo stanno a significare, secondo l’antica simbologia orientale, la sua verginità ante partum, in partu, post partum. Le due sigle greche MP O’y indicano la sua maternità divina. Il titolo litanico: Sedes sapientiae, tracciato nello strato intermedio, dichiara la Madonna dell’Oriente Patrona della Biblioteca e degli Studiosi. Nei quattro interspazi, tra l’iscrizione dell’esergo e l’immagine della Madre divina, figurano i vari tipi del materiale utilizzato per la scrittura nel corso della storia: in alto il papiro, a destra il rotolo di pergamena, a sinistra il libro cartaceo. In fondo la biblioteca che tutto raccoglie e tutto conserva». Accanto alla biblioteca realizza un museo orientale. Dico con gioia che le due istituzioni suscitano l’interesse degli studiosi. Nel «Liber Annuus» dello Studio Biblico Francescano di Gerusalemme, XLVIII (1968), i Dott. E. Ciampini e S. Di Paolo pubblicarono uno studio dal titolo «La collezione egizia Giamberardini in un museo dell’aquilano »; la Dr. Francesca Spadolini ( Via Madonna di Pettino, 34 - 67100 L’Aquila) sta per pubblicare nel suddetto «Liber Annuus» studi su « La collezione archeologica Giamberardini ». Ringrazio per avernìeh cortesemente fatti conoscere.
Per concludere, un altro motivo di gioia e soddisfazione che certamente lo è anche per P. Gabriele. Quando era direttore del Centro Francescano di Studi Orientali Cristiani, progettava la pubblicazione della trilogia fondante della Teologia della Chiesa Copta. Egli vide pubblicate solo lbn Siba, Preziosa Margarita, a cura di V. Mistrih, del Centro nel 1966. Poi Abu al-Barakat (sec. XIV, Lampada delle tenebre per chiarire il servizio (divino,), (1966 ancora inedito; 1972 edito solo parti) ma poi edito nella Patrologia Orientale; al Mu’taman, Summa dei principi della religione, ed. critica di Abullif Wadi’, traduzione italiana di Bartolomeo Pirone, Cairo-Jerusalem 1998-2002.
Ciò è motivo di gioia: dall’ottimo frutto si pensa all’ottimo seme gettato da P. Gabriele. (cfr «L’Osservatore Romano », sabato 7 giugno 2003, p. 3)

Conclusione
Nell’ultimo anno che stette in Italia, prima di andare in Egitto, P. Gabriele ripeteva spesso, specie in momenti difficili: «Fuge in Aegyptum = Fuggi in Egitto!» Forse ciascuno di noi ha bisogno in certi momenti di un “Egitto” come rifugio. P. Gabriele visse nei primi tempi con la sofferenza dell’esiliato “che vive nel deserto e geme”, ma poi “guarda il cielo e spera” (lettera del 23 gennaio 1951). Scrivendo di S. Ilario di Poitiers, che era stato alcentro dei suoi studi per la preparazione della tesi di dottorato, e considerando l’esilio di lui, scrive: « ... la sua relegazione in terra d’esilio, nella lontana Frigia. Non però inutilmente... Ilario quanto più si allontana dal patrio suolo, tanto più si rende degno di avvicinarsi a Dio. E Dio, in premio a lui e a confusione dei persecutori, trasforma la terra di esilio in fonte di più profonda erudizione, in ambiente di più redditizio apostolato e in campo di più temibile lotta. Là l’intrepido Gallo (francese) apprende a perfezionare la lingua greca e può assimilare mirabilmente la teologia degli Orientali. Là concepisce ed estende le sue opere maggiori. Là ancora, e ciò va ricordato a suo vanto, gli si rende possibile di essere il primo in ordine di piena efficienza a conciliare la cultura teologica greca e quella latina, sino allora progredite quasi indipendentemente ». Non sembra che P. Gabriele parlando di S. Ilario, descriva, mutatis mutandis, se stesso? (5. Ilario di Poitiers, Cairo 1956, p. 14).
Ho cercato di darvi alcuni elementi per “conoscere P. Gabriele”. Vi ringrazio per l’attenzione e formulo l’augurio che il “conoscere” non si fermi qui. Scrive Gregorio di Nissa: «Non v’è che un modo di conoscere ed è tendere senza riposo al di là di ciò che si è conosciuto » (In Cant. hom. 12; PG 44, 1224 BC).
                   Grazie!
 


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